Ad agosto scorso è iniziata la riorganizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali, una riorganizzazione, basata su ragioni che vanno dalla spending review alla volontà di semplificare le ramificazioni periferiche del Ministero, che si sta ripercuotendo sulle sedi delle diverse soprintendenze italiane. Non possiamo non condividere l’obiettivo del risparmio delle risorse pubbliche, ma ci accorgiamo che troppo spesso la presunta razionalizzazione fa rima con penalizzazione di un settore, di una regione, di una determinata struttura. Stavolta tocca, tra le tante, alla Soprintendenza Archivistica dell’Umbria, che chiuderà la sua sede di Perugia per essere trasferita, pensate un po’, nelle Marche: sede unica Ancona. Una decisione, questa – come molte altre contenute nel DPCM del 29 agosto 2014 n.171 – che non tiene conto delle peculiarità delle sedi che saranno chiuse o spostate, dimostrando una scarsa conoscenza del lavoro reale di questi enti sul territorio italiano. Nel caso umbro, poi, il Governo potrebbe addirittura fallire l’obiettivo della razionalizzazione economica in quanto al sede perugina della Soprintendenza archivistica conta oggi 30 addetti, mentre quella delle marche circa 10, è sarebbe stato di sicuro più logico far spostare i dieci a Perugia, piuttosto che 30 ad Ancona, senza contare il diverso carico di lavoro. Per tutte queste ragioni abbiamo chiesto al Ministro Franceschini quali siano le ragioni della decisione di chiudere la sede Umbra e spostare la sezione archivistica ad Ancona e come intenda salvaguardare il patrimonio documentale della soprintendenza umbra, consentendo una reale tutela e accesso ad atti di importante interesse storico e culturale.