Crisi del latte, non occorre molto per avere i numeri. I dati INEA (2012) ci dicono che la produzione di latte di vacca e bufala (quest’ultimo è una percentuale piccolissima rispetto al primo) è stata poco sopra le 11 milioni di tonnellate, rispetto al mezzo milione di quello di pecora. E’ chiaro pertanto che la crisi del latte vaccino è la crisi del settore. Con il latte come sapete si fanno formaggi (duri e morbidi), burro, latte alimentare e altri sottoprodotti. I dati ci dicono che il latte italiano alimentare nel 2013 è circa 2,5 milioni di tonnellate, quindi la maggior parte viene lavorato per altri scopi, ad esempio, il Consorzio del Parmigiano ci dice che nel 2014 ha prodotto circa 3,3 milioni di forme (qualcuno dice che sono troppe per questo la crisi).
L’Istat inoltre diffonde sul proprio sito istituzionale i dati relativi all’import e dell’export del “latte e crema di latte (non concentrati) senza aggiunta di zuccheri”, senza differenziare tra latte vaccino, ovino, caprino. Come si vede, per il 2014 (dati fino ad ottobre) abbiamo un import di 809.267.609 euro e un export di 35.267.609; quindi è chiaro che siamo importatori netti. Ora il problema è come passare da un regima di “quote latte” che in qualche maniera ha contenuto i prezzi limitando la produzione in U.E., senza dimenticarsi però la mala gestione e le truffe italiane dietro questo sistema e che sono costate ai cittadini miliardi di euro, ad un regime molto più libero, dove i bassi prezzi della Baviera rischiano di distruggere le nostre aziende.