Il Documento di Economia e Finanza è un documento all’interno del quale vengono messe per iscritto tutte le politiche economiche e finanziarie selezionate che per lo Stato italiano definisce un insieme di manovra di finanza pubblica del periodo indicato (pluriennale) e anche se non è una legge, anche se vincola politicamente le decisioni del Governo. Come ordine di tempistiche va presentato dal Governo al Parlamento entro il 10 aprile di ogni anno.
Sul sito del MEF si legge: Sostenere la ripresa economica evitando aumenti del prelievo fiscale e allo stesso tempo rilanciando gli investimenti; avviare il debito pubblico (in rapporto al PIL) su un percorso di riduzione, consolidando così la fiducia del mercati e riducendo la spesa per interessi; favorire gli investimenti e le iniziative per consentire un deciso recupero dell’occupazione nel prossimo triennio. Questi gli obiettivi della politica di bilancio del governo presentata nel Documento di Economia e Finanza (Def) 2015 approvato oggi in Consiglio dei Ministri. Il Def viene ora trasmesso in Parlamento; entro il 30 aprile due delle sezioni di cui si compone il Def, il Programma di Stabilità e il Programma Nazionale di Riforma (PNR), saranno inviate al Consiglio dell’Unione Europea e alla Commissione europea a Bruxelles. Nell’insieme il Def disegna un netto cambiamento di marcia nella situazione economica e finanziaria del Paese con il prodotto interno lordo che nel 2015 diventa positivo (+0,7%) dopo tre anni di recessione e imposta una politica economica a supporto di una crescita più sostenuta nel triennio successivo.
I primi commenti pervenuti ci dicono che, per quanto riguarda l’obiettivo del programma di revisione della spesa pubblica è quello di “recuperare efficienza nell’azione della Pubblica Amministrazione e di riallocare e contenere la spesa pubblica secondo una visione organica”. Al di là delle misure già annunciate con il decreto sul bonus Irpef e la scorsa Stabilità, “si aggiunge il piano di tagli di spesa e di riduzioni di agevolazioni fiscali è in corso di approvazione da parte del Governo. Si è ipotizzato che l’ammontare delle somme coinvolte in tale intervento consista in un taglio strutturale di spese pubbliche per un importo pari a circa 0,45 punti percentuali di Pil dal 2016 in poi, mentre per quanto riguarda la riduzione delle agevolazioni fiscali si è ipotizzato un risparmio di 0,15 punti percentuali di Pil”, sempre dal prossimo anno, stimati in circa 10 miliardi.
Nella parte programmatica, si elencano le aree di intervento. Per quanto riguarda gli enti locali (comuni, regioni e aziende sanitarie) si provvederà a: a) allineare le regole del patto di stabilità interno a quelle europee; b) utilizzare i sistemi di costi standard e fabbisogni standard (o livelli di servizio) per determinare le risorse disponibili alle singole amministrazioni; c) rendere disponili on line e facilmente consultabili i dati di performance e di costo delle singole amministrazioni. Forse sarà introdotta una “local tax” che dovrà assorbire IMU e Tasi. Per quanto riguarda le aziende pubbliche partecipate si attueranno interventi legislativi mirati a un’ulteriore razionalizzazione e miglioramento dell’efficienza delle aziende partecipate come il trasporto pubblico locale e della raccolta rifiuti. Per quanto riguarda la pubblica amministrazione centrale le priorità saranno: a) una revisione approfondita e analitica dei circa 10.000 capitoli di spesa verificandone l’utilità e l’efficienza; b) la riorganizzazione delle strutture periferiche dello stato centrale, sfruttando il veicolo legislativo della legge delega di riforma della PA, creando un nuovo modello di servizio più efficiente ed efficace. Un elemento importante di questa riorganizzazione sarà la razionalizzazione degli spazi occupati dalla PA con l’obiettivo di avere un solo edificio per la presenza pubblica su un territorio circoscritto. Per quanto riguarda gli acquisti della PA si procederà a completare il processo di razionalizzazione delle stazioni appaltanti e delle centrali d’acquisto. Sul recupero del tax gap e le tax expenditures le priorità sono: a) il completamento dell’attuazione della delega fiscale con particolare attenzione alla creazione di un sistema di tracciabilità telematica delle transazioni di business: fatture e corrispettivi giornalieri; b) la razionalizzazione delle tax expenditures, demarcando chiaramente le aree di possibile intervento e per gli incentivi alle imprese, si effettuerà una ricognizione ai fini della loro razionalizzazione. Sulle infrastrutture, il nuovo programma prevede di tagliare drasticamente l’impegno finanziario pubblico previsto: da 383 a 70,9 miliardi di euro. La parte del leone spetta all’alta velocità ferroviaria, a partire dal Tav Torino-Lione (destinati 2,5 miliardi) e dal contestato Terzo Valico dei Giovi (2,1 miliardi), opere, tra l’altro che le stesse FS considerano economicamente insostenibile. Escono dall’elenco delle priorità la Orte-Mestre, la Tirrenica e la Pontina ma non la Tem e la Salerno-Reggio Calabria. Sulle privatizzazioni in atto , avendo già emanato i decreti per vendere il 40% delle Poste e il 49% dell’Enav, nel prossimo futuro “tocca” a STMicroelectronics (semiconduttori e chip): essendo compartecipata dall’azionista pubblico francese, dovrà essere ceduta a un soggetto pubblico; “tale soggetto è stato individuato nel Fondo Strategico Italiano (Società del Gruppo Cdp) o sue controllate”. Stessa sorte anche a Ferrovie dello Stato. Il totale delle privatizzazioni annunciate , badate bene, porteranno un aumento del PIL dello 0,4% (fa ridere) nel 2015, 0,5 nel 2016 e 2017 e 0,3 nel 2018. Entra nei conteggi anche il “bazooka di Draghi” ovvero il Quantitative easing della BCE influendo al ribasso sull’esborso per interessi che sono viste in calo dai 75,1 miliardi del 2014 ai 69,3 miliardi del 2015, per poi risalire leggermente l’anno prossimo a 71,2 e quindi riprendere un cammino discendente, con un risultato stimato al 3,7% del PIL nel 2019, un punto percentuale in meno dello scorso anno. Relativamente al “tesoretto” annunciato da Renzi, questo non è altro che il differenziale sul PIL del deficit presunto con quello reale; i dati ci dicono che abbiamo avuto un deficit al 2,5% più basso di 0,1% rispetto al 2,6% programmatico che corrisponde a circa 1,6 miliardi; queste risorse, ha osservato Dombrovskis (vice UE), che “possono essere usate per interventi prioritari, sta al Governo decidere la destinazione, l’importante è rispettare i vincoli di bilancio.”
Secondo l’analisi di Unimpresa che ha preso in esame le tabelle del Documento di economia e finanza (Def), il bilancio statale non sarà sforbiciato: le uscite cresceranno di quasi 38 miliardi (+4%) e sono stati sterilizzati gli investimenti pubblici, che resteranno stabili attorno ai 60 miliardi l’anno. Secondo l’analisi dell’associazione, nel 2015 le entrate tributarie e previdenziali saliranno a quota 785,9 miliardi dai 777,2 miliardi del 2014; nel 2016 cresceranno ancora a 818,6 miliardi e poi a 840,8 miliardi nel 2017; nel 2018 e nel 2019 arriveranno rispettivamente a 863,2 miliardi e a 881,2 miliardi. Complessivamente, nel quinquennio si registrerà un incremento di 104,01 miliardi (+13,38%). Aumenteranno sia le entrate tributarie sia quelle derivante dai cosiddetti contributi sociali (previdenza e assistenza). Per quanto riguarda le entrate tributarie l’aumento interesserà sia le imposte dirette (come quelle sui redditi di persone e società, a esempio Irpef e Ires) sia le imposte indirette (tra cui l’Iva): le imposte dirette cresceranno in totale di 34,2 miliardi (+14,43%) mentre le indirette subiranno un incremento di 45,5 miliardi (+18,43%). Il sostanziale giro di vite su Irpef, Ires e Iva sarà pari a 79,4 miliardi (+16,36%). I versamenti relativi alla previdenza e all’assistenza cresceranno dal 2015 al 2019 di 22,02 miliardi (+10,18%).
Tra un po anche noi ci metteremo mano e scopriremo se ci porterà carbone o caramelle, voi che dite?