Nel linguaggio comune con il termine contraffazione si fa riferimento ad una molteplicità di atti diretti a produrre e commercializzare prodotti che recano illecitamente un marchio identico ad un marchio registrato oppure la riproduzione, anch’essa illecita, di beni tutelati dal diritto d’autore, meglio nota come pirateria.
Facendo qualche passo indietro, per capire anche gli errori fatti durante l’evoluzione normativa, occorre partire dal codice penale, noto come “Codice Rocco”. Attualmente quello in vigore in Italia è il frutto di un percorso legislativo durato 5 anni, dal 1925 al 1930 che entrò in vigore il primo luglio 1931. Il regio decreto di promulgazione del “Codice Rocco”, riporta in calce le firme del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, dell’allora Capo del Governo Benito Mussolini e del Ministro della Giustizia (Guardasigilli) Alfredo Rocco, da cui prese il nome. Pur variamente modificato nel corso degli anni, il codice del 1930 è tuttora sostanzialmente in vigore. Numerose sono state le Commissioni di studio che hanno redatto relazioni ed articolati per l’approvazione di un nuovo codice penale e da più parti politiche il codice Rocco è stato ampiamente criticato; inoltre il mondo accademico e gli operatori del diritto si sono più volte espressi per la non procrastinabilità di un codice penale moderno e pienamente aderente ai principi costituzionali. Come membro della Commissione Contraffazione, insieme ai colleghi, dedichiamo parte del lavoro proprio per aggiornare e rendere più attuale e efficiente, la normativa penale che “punisce” la contraffazione.
Vediamo adesso come il codice penale, con l’aggiornamento normativo dato dall’art. 15 della legge 23 luglio 2009 n.99, interviene sul tema.
Delitti contro la “fede pubblica”.
Art. 473. Contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell’ingegno o di prodotti industriali
[1] Chiunque contraffà o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle opere dell’ingegno o dei prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 2.065.
[2] Alla stessa pena soggiace chi contraffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.
[3] Le disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.
Art. 474. Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi
[1] Fuori dei casi di concorso nei reati previsti dall’articolo 473, chiunque introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da euro 3.500 a euro 35.000.
[2] Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, introduzione nel territorio dello Stato, chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione, al fine di trarne profitto, i prodotti di cui al primo comma è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.
[3] I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.
Art. 474-bis. Confisca.
[1] Nei casi di cui agli articoli 473 e 474 è sempre ordinata, salvi i diritti della persona offesa alle restituzioni e al risarcimento del danno, la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l’oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, a chiunque appartenenti.
[2] Quando non è possibile eseguire il provvedimento di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto. Si applica il terzo comma dell’art. 322 ter.
[3] Si applicano le disposizioni dell’art. 240, commi terzo e quarto, se si tratta di cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, ovvero che ne sono l’oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, appartenenti a persona estranea al reato medesimo, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l’illecito impiego, anche occasionale, o l’illecita provenienza e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza.
[4] Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma del titolo II del libro sesto del codice di procedura penale.
Art. 474-ter. Circostanza aggravante.
[1] Se, fuori dai casi di cui all’articolo 416, i delitti puniti dagli articoli 473 e 474, primo comma, sono commessi in modo sistematico ovvero attraverso l’allestimento di mezzi e attività organizzate, la pena è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.000 a euro 50.000. [2] Si applica la pena della reclusione sino a tre anni e della multa fino a euro 30.000 se si tratta dei delitti puniti dall’articolo 474, secondo comma.Art. 474-quater. Circostanza attenuante.
Le pene previste dagli articoli 473 e 474 sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti del colpevole che si adopera per aiutare concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nell’azione di contrasto dei delitti di cui ai predetti articoli 473 e 474, nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione o la cattura dei concorrenti negli stessi, ovvero per l’individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione dei delitti medesimi o dei profitti da essi derivanti.
Delitti contro ” l’economia pubblica”.
Art. 515. Frode in esercizio commerciale
Chiunque, nell’esercizio di una attività commerciale, ovvero in uno spaccio aperto al pubblico, consegna all’acquirente una cosa mobile per un’altra, ovvero una cosa mobile, per origine, provenienza, qualità o quantità, diversa da quella dichiarata o pattuita, è punito, qualora il fatto non costituisca un più grave delitto [440-445, 455-459], con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se si tratta di oggetti preziosi, la pena è della reclusione fino a tre anni o della multa non inferiore a centotre euro.
Art. 517. Vendita di prodotti industriali con segni mendaci.
Chiunque pone in vendita o mette altrimenti in circolazione opere dell’ingegno o prodotti industriali, con nomi, marchi o segni distintivi nazionali o esteri, atti a indurre in inganno il compratore sull’origine, provenienza o qualità dell’opera o del prodotto, è punito, se il fatto non è preveduto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a ventimila euro.
Art. 517-bis. Circostanza aggravante.
[1] Le pene stabilite dagli articoli 515, 516 e 517 sono aumentate se i fatti da essi previsti hanno ad oggetto alimenti o bevande la cui denominazione di origine o geografica o le cui specificità sono protette dalle norme vigenti.
[2] Negli stessi casi, il giudice, nel pronunciare condanna, può disporre, se il fatto è di particolare gravità o in caso di recidiva specifica, la chiusura dello stabilimento o dell’esercizio in cui il fatto è stato commesso da un minimo di cinque giorni ad un massimo di tre mesi, ovvero la revoca della licenza, dell’autorizzazione o dell’analogo provvedimento amministrativo che consente lo svolgimento dell’attività commerciale nello stabilimento o nell’esercizio stesso.
Art. 517-ter. Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale.
[1] Salva l’applicazione degli articoli 473 e 474 chiunque, potendo conoscere dell’esistenza del titolo di proprietà industriale, fabbrica o adopera industrialmente oggetti o altri beni realizzati usurpando un titolo di proprietà industriale o in violazione dello stesso è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.
[2] Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i beni di cui al primo comma.
[3] Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474 bis, 474 ter, secondo comma, e 517 bis, secondo comma.
[4] I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.
Art. 517-quater. Contraffazione di indicazioni geografiche denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
[1] Chiunque contraffà o comunque altera indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000.
[2] Alla stessa pena soggiace chi, al fine, di trarne profitto, introduce nel territorio dello Stato, detiene per la vendita, pone in vendita con offerta diretta ai consumatori o mette comunque in circolazione i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte.
[3] Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474 bis, 474 ter, secondo comma, e 517 bis, secondo comma.
[4] I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili a condizione che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali in materia di tutela delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
Art. 517-quinquies. Circostanza attenuante.
Le pene previste dagli articoli 517 ter e 517 quater sono diminuite dalla metà a due terzi nei confronti del colpevole che si adopera per aiutare concretamente l’autorità di polizia o l’autorità giudiziaria nell’azione di contrasto dei delitti di cui ai predetti articoli 517 ter e 517 quater, nonché nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l’individuazione degli strumenti occorrenti per la commissione dei delitti medesimi o dei profitti da essi derivanti.
Art. 518. Pubblicazione della sentenza.
La condanna per alcuno dei delitti preveduti dagli articoli 501, 514, 515, 516 e 517 importa la pubblicazione della sentenza.
La tutela del Made in Italy
Occorre subito dire che è presente una oggettiva difficoltà ad assicurare questa tutela perché tale materia rientra nel divieto alla libera circolazione delle merci, essendo questa, materia comunitaria. Tale vicenda infatti è stato oggetto di dibattito nel Parlamento europeo e nel Consiglio, ma allo stato attuale nulla è cambiato. Allo stato attuale pertanto le norme che cerca di tutelare il “Made in Italy” sono l’art. 4, commi da 49 a 49 ter della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (finanziaria 2004) e l’art. 517 del c.p. (precedentemente citato).
Il comma 49, di fatto, integra l’art. 517 del c.p. definendo come reato l’importazione o l’esportazione a fini di commercializzazione o la commercializzazione o commissione di atti diretti in modo non equivoco alla commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza o di origine. Il comma 49-bis configura come illecito amministrativo l’uso di marchi con fallace indicazione riferita alla tutela del Made in Italy e prevede una sanzione da 10 mila fino a 250 mila euro e la confisca amministrativa. Da notare che mentre l’importazione/esportazione o commercializzazione con falsa o fallace indicazione costituisce reato, l’uso dei marchi con fallace indicazione costituisce solo un illecito amministrativo. Per i prodotti alimentari per quanto riguarda il concetto di etichettatura e di origine, si rimanda al Regolamento 1169/2013.
Il comma 4 dell’art. 16 della legge n.350 sopra citata, definisce come realizzato interamente in Italia, quel prodotto o merce per il quale il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti interamente nel territorio italiano. Questa definizione è in contrasto con il codice doganale che individua come luogo di produzione quello dell’ultima trasformazione del prodotto.
Vi sono anche norme (esclusa la pirateria), che puniscono il consumatore che acquista cose di sospetta provenienza, atteggiamento con pene minime che viene punito con l’art. 712 c.p.
A livello comunitario, un importante strumenti è Reg 608/2013 relativo alla tutela dei diritti di proprietà intellettuale da parte delle autorità doganali e che stabilisce le condizioni e le procedure per l’intervento delle autorità doganali quando merci sospettate di violare un diritto di proprietà intellettuale sono, o avrebbero dovuto essere, soggette a vigilanza o controllo doganale nel territorio doganale dell’Unione. L’intervento, oltre che dalle autorità competenti, puo’ essere richiesto anche dl titolare del diritto di proprietà violato e altri soggetti a difesa della violazione. Quest’ultima nota ha dato vita al sistema FALSTAFF.
Se il lettore è riuscito ad arrivare a questo punto, ha potuto notare, sia la base giuridica che le evoluzioni normative create ad hoc per risolvere problemi di contingenza. Credo sia necessario realizzare un’ accorpamento di tutte le fattispecie di reato, valutare anche l’allargamento dello strumento dell’intercettazione per contrastare questo fenomeno ma, tutto compatibilmente con la normative comunitarie. Altrettanto necessario far conoscere alle aziende i nuovi strumenti normativi, come per esempio il Reg. 608/2013 e, come possono usufruirne relazionandosi con gli operatori a tutela. Un focus necessario è anche quello della distinzione dei compiti all’interno delle Procure per ottimizzare le risorse umane a disposizione e approfondire meglio il capitolo della distruzione della merce contraffatta confiscata, che solitamente essendo è a carico di ignoti o di soggetti incapienti, risulta sempre a carico dello Stato.