Legalizzare la prostituzione? Io sono favorevole ma occorre farlo con cognizione di causa. Gli ultimi dati ufficiali sul fenomeno della prostituzione in Italia risalgono al 2010, quando la Commissione Affari Sociali della Camera ha stimato che il nostro Paese conta 70mila prostitute, oltre 9 milioni di clienti e un giro di affari da 5 miliardi di euro. Questi dati sono stati più o meno confermati dall’Associazione Papa Giovanni XXIII di don Benzi, in uno rapporto del marzo 2014, secondo cui le donne sfruttate o schiavizzate nell’industria del sesso, variano da un minimo di 60 mila a un massimo di 120 mila. L’Associazione, purtroppo, rileva la crescente ascesa del numero di minori e di donne mature e italiane costrette a prostituirsi per sostenere la famiglia in tempi di crisi.
Numeri che fanno riflettere ma che non bastano a dare la misura di un fenomeno sociale che nasconde aspetti molteplici. Qual’è il numero di coloro che scelgono la prostituzione “per scelta” (sex workers) che chiedono il riconoscimento dei propri diritti di lavoratori. Che dimensioni ha il traffico delle donne migranti sfruttate sotto al ricatto della violenza e della clandestinità (acuito dopo l’approvazione della Legge Bossi-Fini). Quanto incide il degrado dei luoghi pubblici? Sarebbe la cosa migliore la riapertura delle “case chiuse”, abolendo di fatto la Legge Merlin, o ci sono altre soluzioni? Tutti aspetti che meritano un’analisi profonda.
La prostituzione nel corso degli anni, dei decenni è profondamente mutata e che, inevitabilmente, è andata ad intersecarsi con altri aspetti della nostra società, primo tra tutti quello dell’immigrazione. Oggi oltre al metà delle prostitute presenti sul territorio italiano sono straniere e nella maggior parte dei casi la loro attività viene gestita da organizzazioni criminali.
Capire qual è la strada giusta per affrontare questo fenomeno sociale non è facile ed in Europa le strade percorse sono diverse. È evidente comunque che l’attuale situazione italiana non smuove nulla. La prostituzione, in Italia, non è proibita, ma non è regolamentata, l’unica regola è che non venga esercitata al chiuso. È proibito e punito lo sfruttamento e il favoreggiamento della prostituzione ma spesso il confine tra cosa è reato e cosa no non è così delineato e pertanto è sempre complicato agire.
Non esiste il modello ideale, ma quello italiano (non far praticamente nulla) non appare certo risolutivo né per mettere fine al traffico illecito né per contenere gli alti costi, sociali, umani ed economici della prostituzione in Italia.
Le soluzioni europee vanno dal proibizionismo del Nord Europa (il metodo più efficace ma che in Paesi con diverse caratteristiche e densità abitative potrebbe essere controproducente, difficilmente controllabile e andare, paradossalmente, ad avallare il sommerso) alla regolamentazione per legge di Germania, Regno Unito, Olanda, che ognuno con formule diverse (bordelli statalizzati, quartieri a luci rosse…) hanno formalmente riconosciuto la prostituzione, più o meno come una qualsiasi altra professione. Ogni Paese ha adottato il metodo che più si adatta alle caratteristiche e alle tradizioni della popolazione e, anche se purtroppo le condizioni delle prostitute non sono completamente migliorare e lo sfruttamento fatica ad essere arginato del tutto, la prostituzione è stata incardinata dentro precisi confini e risulta, in qualche misura, maggiormente controllabile.
Nel 2014 il Parlamento europeo ha approvato la Risoluzione Honeyball (dal nome della proponente, una laburista inglese) volta a promuovere il modello svedese che punisce e punta a responsabilizzare i clienti e che segna una rivoluzione culturale nell’approccio alla prostituzione, giudicata come una forma di violenza nei confronti delle donne, segno di una disparità di genere. Secondo i dati Eurostat lo sfruttamento sessuale è ancora la forma più diffusa di violazione dei diritti umani in Europa (62%), dove donne e bambine rappresentano la maggioranza delle vittime (96%). Nella risoluzione si afferma per la prima volta nel panorama legislativo europeo che “la prostituzione è causa e conseguenza della diseguaglianza di genere sfatando anche il mito della legalizzazione della prostituzione, come rimedio contro la schiavitù.
Riferendomi a chi si prostituisce per scelta, ritengo si debba intervenire per poter permettere di farlo in sicurezza, dignità, rispetto e con tutte le tutele del caso senza essere sfruttati. Fuori da questo ambito non deve essere permesso nulla.
Per questo, prima di fare scelte azzardate, occorre un indagine conoscitiva da parte delle istituzioni con l’obiettivo di conoscere i numeri precisi del fenomeno nel nostro paese e a capirne le caratteristiche anche confrontandole con gli altri Paesi europei in modo da modificare la normativa nazionale in maniera con la migliore soluzione possibile per un “mestiere” che come si dice “è il più vecchio del mondo”. Tale richiesta è oggetto di una mia interrogazione.