La proposta di legge portata all’esame in Commissione Ambiente «Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico, nonché delega al Governo per l’adozione di tributi destinati al suo finanziamento» rappresentava una versione aggiornata della proposta presentata nel 2007 dal “Forum italiano dei movimenti per l’acqua” e vedeva come prime firmatarie la collega Federica Daga (M5S), l’On. Raffaella Mariani (PD), l’On. Serena Pellegrino (SEL), oltre altre cento firme di diversi gruppi politici tra cui la mia.
Questo a conferma dell’interesse condiviso per il tema dell’“Acqua bene comune” e l’urgenza di dotare il paese di un quadro legislativo unitario che introducesse modelli di gestione pubblica e partecipata del servizio idrico recependo le istanze del referendum del 2011. Tale proposta di legge (prima delle modifiche del PD) nasce per perseguire la finalità di favorire la definizione di un governo pubblico e partecipativo del ciclo integrato dell’acqua, e garantirne un uso sostenibile e solidale, nel quadro delle politiche complessive di tutela e di gestione del territorio.
Cosa è successo in Commissione? Nei principi e criteri generali il testo ha mantenuto i profili originari sostanzialmente recepiti come modifiche all’art. 144 del d.lgs 152/2006 e riferiti al riconoscimento del diritto all’acqua come diritto umano universale, al riconoscimento del quantitativo minimo vitale garantito di 50 litri al giorno pro-capite, dell’acqua come bene comune e come risorsa che deve essere gestita secondo criteri di solidarietà, di salvaguardia dei diritti delle generazioni future, di risparmio e rinnovo delle risorse, alla priorità dell’uso per il consumo umano, alla sostenibilità del prelievo della risorsa mediante impiego di acqua di recupero per gli usi diversi. Purtroppo, sono venuti meno i principi relativi alla gestione del servizio idrico integrato considerato servizio pubblico locale privo di rilevanza economica, così come i criteri che imponevano che la gestione del servizio idrico integrato fosse sottratta al principio della libera concorrenza e realizzata senza finalità lucrative, ma nel perseguimento delle finalità di carattere sociale e ambientale.
Non è stato altresì riconosciuto il fondamentale principio dell’unitarietà della gestione del servizio idrico integrato. Nel trascrivere tale principio, si intendeva superare la forzatura introdotta dallo Sblocca Italia, laddove, con l’intento di “agevolare un processo aggregativo tra gestori, ridurne il numero e favorire un consolidamento del settore” , ha di fatto sancito il riconoscimento del gestore unico. Eppure la stessa Corte Costituzionale aveva chiarito che il principio del “superamento della frammentazione delle gestioni” era da riferirsi alla circostanza che le due gestioni (la gestione delle reti e l’erogazione del servizio idrico integrato) non potessero essere separate ma bensì potessero essere affidate entrambe a più soggetti coordinati e collegati fra loro. All’esito dell’esame in Commissione tali finalità e principi sono stati declinati in modo da svuotare il testo originario dei suoi contenuti innovativi. Così, la stessa proposta di legge è stata snaturata non solo sul piano dei principi ma, in modo ancor più consistente, nei suoi contenuti sostanziali.
In primo luogo la disciplina sul rilascio e rinnovo delle concessioni di prelievo di acqua è stata sostituita con una delega al Governo ad adottare, entro il 31 dicembre 2016, un decreto legislativo, contenente disposizioni per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di prelievo di acque, ivi incluse le fattispecie riguardanti il trasferimento del ramo d’azienda, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera hhh) della legge 28 gennaio 2016, n. 11. Come seconda cosa è stata radicalmente eliminata l’articolazione dei diversi livelli di pianificazione (Autorità di distretto per il Piano stralcio e Consigli di Bacino per i Piani di bacino) e la disciplina della governance del servizio idrico e del ciclo dell’acqua, nel relativo riparto di competenze. Terzo aspetto è che viene inoltre soppresso l’articolo 6 che rappresentava il “perno” della proposta di legge finalizzata a dare spessore e riscontro normativo al risultato referendario. La predetta disposizione disciplinava il regime transitorio per l’attuazione della ri-pubblicizzazione della gestione del servizio, e prevedeva processi di trasformazione societaria e aziendale tramite i quali attuare il transito verso la gestione unitaria affidata esclusivamente ad enti di diritto pubblico. Tale complessivo processo di ripubblicizzazione è stato “ridotto” al mero riconoscimento di un criterio di priorità per l’affidamento diretto in favore di società interamente pubbliche in possesso dei requisiti prescritti dall’ordinamento europeo per la gestione in house, con la precisazione che la stessa gestione deve essere espressamente partecipata da tutti gli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale. Quarto, viene riscritto anche il sistema di finanziamento del servizio idrico integrato indicato nel testo originario dalla proposta di legge. In particolare, è stata soppressa la previsione di un apposito Fondo nazionale per la ripubblicizzazione del servizio idrico integrato, finanziato tramite anticipazioni della Cassa depositi e prestiti S.p.A e la previsione del ricorso alla fiscalità generale. Nel testo approvato dalla commissione, si rinvia, invece, alla tariffa di cui all’art. 154 del d.lgs 152/2006 e al Fondo destinato al finanziamento degli interventi relativi alle risorse idriche introdotto dallo Sblocca Italia, da alimentare mediante la revoca delle risorse stanziate dal CIPE il quale, tuttavia, risulta ancora “inattivo” in quanto non sarebbero state assegnate le risorse revocate in “entrata di bilancio dello Stato”. Quinto aspetto è la modifica sostanziali dell’art. 9 della proposta di legge originaria che individuava competenze e criteri per definire il metodo per la determinazione e la modulazione della tariffa del servizio idrico integrato nonché le modalità per la limitazione della fornitura idrica, in caso di morosità. Nell’attuale formulazione si prevede, invece, che la tariffa garantisca un adeguato recupero dei costi del servizio per mezzo della applicazione del criterio di progressività e dell’incentivazione al risparmio della risorsa idrica, a partire dal consumo eccedente il quantitativo minimo vitale giornaliero, nella determinazione del corrispettivo del medesimo.
Nel complesso il testo approvato dalla maggioranza e che presto andrà in Aula, rende palese l’intenzione di non riconoscere il processo di ripubblicizzazione della gestione del servizio idrico indicato proposto dai “Movimenti per l’acqua” e confermato dal risultato referendario. Per tali ragioni il Movimento 5 Stelle ha ritirato tutte le firme dalla proposta di legge originaria perchè non si vuole rendere complice di un inganno nei confronti dei cittadini che chiaramente si sono espressi con il referendum del 2011.