Stamattina ho visitato il deposito di Santo Chiodo di Spoleto dove sono custoditi tutti i ‘tesori’ della Valnerina recuperati dalle macerie post sisma, e al cui interno è stato allestito un laboratorio per la messa in sicurezza delle opere danneggiate.
Molti non sanno che inizialmente il deposito è stato messo a disposizione dalla Regione, nel 2007, per sanare una situazione di dispersione e criticità del patrimonio umbro che, attualmente, è composto da quasi 5mila reperti di arte antica schedati e centinaia di opere fotografate e inventariate dal personale del deposito: nulla di ammucchiato o confuso, ma tutto ordinato e rintracciabile in ogni momento. Una sorta di primo pronto soccorso delle opere che, una volta recuperate, potranno poi essere restaurate da soggetti pubblici o privati prima di tornare nei luoghi di appartenenza.
Colgo l’occasione per ringraziare ancora una volta chi ha reso possibile tutto ciò, ovvero i tecnici della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, insieme alle squadre dei vigili del fuoco, dei carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale e dei militari che hanno recuperato in maniera celere e ineccepibile le opere presenti all’interno della chiese crollate in alcune frazioni della Valnerina, a San Benedetto di Norcia, a Castelluccio e San Pellegrino.
Un plauso va al grande lavoro svolto dai volontari del Nucleo tutela dei beni culturali della Protezione Civile che, grazie alla disponibilità dei mezzi di trasporto, sono stati i primi impegnati nel recupero delle opere, portate al sicuro nel deposito attrezzato di Santo Chiodo. Un bell’esempio di conservazione e tutela del patrimonio artistico, religioso e culturale dell’Umbria, un immenso contenitore in cui sono racchiusi la storia e le tradizioni della collettività, che altrimenti avremmo rischiato di perdere per sempre tra le macerie o a causa di sciacalli senza scrupoli.
C’è però un problema: il deposito di Santo Chiodo, attualmente chiuso al pubblico per ragioni di sicurezza, necessita di maggiori fondi da parte del Mibact per l’incremento di personale che, allo stato attuale, è sottodimensionato rispetto alla notevole mole di lavoro richiesta, non solo per il recupero di ogni reperto, ma anche per ciò che concerne la custodia dei preziosi tesori. Auspico che le suppellettili di Santo Chiodo vengano restaurate quanto prima per tornare ad essere fruibili dalla comunità della Valnerina e, soprattutto, come volano per il turismo che ancora latita a causa del terremoto.