Si stima che in Burkina Faso siano circa 3,3 milioni le persone in condizione di insicurezza alimentare: una crisi aggravata dall’impatto del Covid19 che ha ridotto la possibilità di guadagni per coprire i bisogni giornalieri in una nazione già scossa dal conflitto e dai cambiamenti climatici.
Nei programmi elaborati dai tanti Paesi occidentali per combattere la crisi economica post Covid, esiste un vuoto in merito al settore agricolo e alimentare: tuttavia, pochissimi hanno colto l’allarme dell’ONU e della FAO che proprio la sicurezza alimentare e la fame saranno la prima conseguenza della pandemia. Le notizie dal Burkina Faso, come accade anche in tanti altri Paesi, dimostrano ancora una volta che non esiste pace senza sicurezza alimentare e non ci possiamo quindi stupire dell’aumento dei fenomeni migratori: se pensiamo che in futuro si sposteranno milioni di persone, oltre che per guerre anche per carestie, non ci sarà regolazione di flussi che tenga.
Per questo dobbiamo lavorare e cooperare con quei territori per favorirne lo sviluppo e un’economia adeguata, insegnando loro a produrre cibo in maniera sostenibile: ciò mitigherebbe in maniera sensibile gli spostamenti delle persone, poiché se in un Paese non si vive bene, andarsene sarebbe la prima cosa che chiunque farebbe. L’Italia è stata la prima nazione a lanciare questo dibattito a livello multilaterale: per questo insieme al Governo abbiamo creato la Fao Food Coalition che in un solo mese ha raccolto il supporto di 40 Paesi, inclusi Stati Uniti, Cina, Russia.
La pandemia in corso ci impone un rinnovato impegno per contrastarne gli effetti avversi nel medio e lungo termine sui sistemi alimentari e sull’agricoltura: per questo l’Italia, data la grande esperienza nel settore #agroalimentare, è chiamata a giocare un ruolo da protagonista per accompagnare i Paesi più svantaggiati nella creazione di sistemi alimentari resilienti e di filiere sostenibili, al fine di evitare che la crisi sanitaria diventi anche una crisi alimentare senza precedenti.