Dopo l’istituzione delle regioni ordinarie, il trasferimento delle funzioni amministrative per la materia sugli usi civici fu attuato con il Decreto Presidente della Repubblica 15 gennaio 1972, n.11, e successivamente con il D.P.R. 24 luglio 1977, n.616; tra queste ricordiamo: promozione delle azioni e delle operazioni commissariali di verifica e sistemazione dei beni di uso civici; piani di sistemazione e trasformazione fondiaria da eseguire prima delle assegnazioni delle quote; ripartizione delle terre coltivabili; assegnazione delle unità fondiarie; approvazione di statuti e regolamenti delle associazioni agrarie; controllo sulla gestione dei terreni boschivi e pascolivi di appartenenza di Comuni, frazioni ed associazioni; tutela e vigilanza sugli enti e Università agrarie che amministrano beni di uso civico.

La legge nazionale sulla montagna, la n. 97 del 31 gennaio 1994, ha apportato alcune rilevanti novità alla legislazione sugli usi civici, dettando alcuni principi alla legislazione regionale, da emanare per il riordino della disciplina delle organizzazioni montane che gestiscono gli usi civici. La finalità del riordino è quella di valorizzare la potenzialità dei beni agro-silvo pastorali in proprietà collettiva indivisibile ed inusucapibile, sia sotto il profilo produttivo, che sotto quello della tutela ambientale.

Il 13 dicembre 2017 è entrata in vigore la nuova legge 168 “Norme in materia di domini collettivi”. Si tratta di una legge che, senza modificare il quadro normativo previgente, riassume i principali principi caratterizzanti la materia dei domini collettivi e più in generale degli usi civici, precedentemente riscontrabile nelle diverse leggi che si sono occupate nel tempo della materia. Il nuovo testo normativo ha inoltre tenuto conto delle diverse sentenze che hanno chiarito meglio il riparto delle competenze fra Stato e Regioni, rimettendo in discussione il trasferimento di competenze operato, anche in questa materia. In particolare, con le suddette sentenze sono state identificate aree riservate alla competenza esclusiva della legislazione statale, in quanto la materia degli usi civici interferisce con la tutela ambientale e dei beni culturali e con l’ordinamento civile.

Pertanto, per rispondere alle numerose proteste degli allevatori e l’indignazione dell’opinione pubblica sul fenomeno dell’accaparramento delle terre da parte di tante società non locali, il cui unico scopo non è quello di salvaguardare gli ambienti montani ma lucrare milioni di euro di contributi europei, sono le regioni a dover disciplinare tale cessioni essendo loro esclusiva competenza.

La Regione Umbria ad esempio ha normato tale questione con la legge n. 6/1984  che però non introduce limiti per la loro cessione a comunità non locali. Diversa invece è la disciplina introdotta dalla Regione Abruzzo, che modificando la legge 25/1988 introduce un importante vincolo – che risolve il problema sopra citato – e che riporto sotto invitando le Regioni che hanno quel problema a copiare l’iniziativa:

 

I Comuni e gli enti gestori delle terre civiche ad utilizzazione pascoliva di cui all’articolo 15 adottano i seguenti criteri per l’assegnazione dell’uso civico di pascolo:

a) le terre civiche sono conferite, anche con durata pluriennale, prioritariamente ai soggetti di cui all’articolo 26 della legge 1766/1927 iscritti nel registro della popolazione residente da almeno 10 anni che abbiano un’azienda con presenza zootecnica, ricoveri per stabulazione invernale e codice di stalla riferito allo stesso territorio comunale o ai comuni limitrofi;

b) nel caso in cui l’azienda assuma la forma giuridica di società di persone o società di capitali, il possesso dei requisiti di cui alla lettera a) deve verificarsi in capo alla totalità dei soci nel caso di società di persone e almeno due terzi delle quote societarie nel caso di società di capitali. Il codice aziendale di stalla deve essere unico, attribuito alla forma giuridica conferitaria e ricomprendere l’intera consistenza zootecnica;

c) per i soggetti di cui alla lettera a) può essere assicurata, compatibilmente con le disponibilità di ogni singolo comune, una concessione annuale fino a un ettaro di terre civiche ad utilizzazione pascoliva per ogni 0,1 UBA immessa al pascolo; il canone annuale per il diritto di uso civico di pascolo non può superare quaranta euro per UBA;

d) soddisfatta la domanda di concessione ai soggetti di cui alla lettera a), in caso di eccedenza l’assegnazione è concessa ai residenti dei comuni limitrofi, poi a quelli della provincia, poi a quelli della regione, con le medesime procedure di concessione riservate ai soggetti di cui alla lettera a) e, successivamente, ad altri soggetti attraverso procedure di evidenza pubblica, con il criterio di cui all’articolo 73, lettera c) del Regio decreto 23 maggio 1924, n. 827 (Regolamento per l’amministrazione del patrimonio e per la contabilità generale dello Stato), previa individuazione del responsabile di cui all’articolo 5 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).