Il DEF 2019, che è il primo di questo Governo, traccia le linee guida della politica di bilancio e di riforme che si intendono attuare nel prossimo triennio. Parlando di crescita per il 2019 prevedevamo a dicembre l’1 per cento, ma come tutti sappiamo, le tensioni internazionali sul commercio internazionale, la Brexit e anche una particolare crisi del settore manifatturiero in Germania hanno determinato un forte rallentamento dell’economia europea, in particolare della Germania e dell’Italia. È da questo che dipendono le correzioni delle previsioni economiche che sono state apportate con attenzione e rigore scientifico, per quanto ci sia rigore scientifico nelle previsioni e basta vedere quello che abbiamo scritto e hanno scritto tutti i centri internazionali di previsioni nei vari Paesi.
Dopo la fase di rallentamento forte che abbiamo avuto nell’ultima parte dello scorso anno e dopo il trimestre di recessione tecnica, noi vediamo che in questi primi mesi abbiamo segnali positivi e solo poco fa la Banca d’Italia ha confermato le proprie stime che vedono che l’Italia riprende a crescere e che tale situazione si rafforzerà nel secondo semestre dell’anno.
Non sono previste manovre correttive per almeno due ragioni e la prima è una ragione di logica economica: in un momento in cui il tasso di crescita dell’economia precipita non si fanno manovre restrittive e, d’altra parte, anche la Commissione europea non richiede questo. I dati previsivi per il 2019 dicono certamente che si passa da un deficit in percentuale del PIL del 2 per cento, come programmato nella legge di bilancio, al 2,4 e che c’è anche un lieve aumento del rapporto debito-PIL rispetto a quello programmato nella legge di bilancio, ma ciò è dovuto al rallentamento così forte dell’economia. Se una manovra correttiva verrà attuata, è quella contenuta nei due decreti che sono all’approvazione del Consiglio dei Ministri: essenzialmente, vengono stanziate delle risorse aggiuntive per gli investimenti e per la crescita. Un altro gruppo importante di misure è diretto a correggere nell’immediato alcune delle storture che sono nel nostro codice degli appalti e, in ogni caso, a velocizzare gli investimenti pubblici, che rimangono al centro della strategia del Governo, perché si confermano, con questo DEF, essenzialmente due obiettivi fondamentali: ridurre progressivamente il gap di crescita e il rapporto debito-PIL.
Il nostro debito è pienamente sostenibile, lo è stato per trentanni, da quando è arrivato al 120 per cento del PIL e negli ultimi decenni abbiamo anche pagato per risanare le finanze di ben quattro Paesi europei senza chiedere aiuti. La nostra strategia per raggiungere questi obiettivi fondamentali rimane quella già enunciata: investimenti pubblici, a supporto
anche del rendimento degli investimenti privati, per aumentare la competitività dell’Italia. Il secondo perno della nostra strategia rimane quello di una riforma fiscale e, quindi, di un’attuazione progressiva del programma di Governo su questo punto, di un sistema chiaramente di flat tax; questo fa parte del programma di Governo e, quindi, quest’anno è iniziata la prima fase, l’anno prossimo si dovrà portare avanti la seconda parte. Ovviamente, il sostegno alle imprese nell’innovazione tecnologica e il rafforzamento della rete di protezione sociale e di inclusione sociale, un punto fondamentale in questo momento di transizione tecnologica e, quindi, non solo per fronteggiare la fase di rallentamento dell’economia, ma per fronteggiare la situazione che ci troveremo di fronte, anche nel momento in cui, forse, il tasso di crescita aumenterà.
Gli obiettivi che confermiamo per il 2019 come da legge di bilancio, due miliardi di spesa congelata. Nelle nostre tabelle c’è un aumento del tasso di disoccupazione, ma nella stessa tabella c’è anche l’effetto del reddito di cittadinanza che è quello di far entrare nelle forze di lavoro persone che erano inattive. Tecnicamente, chi fa domanda per il reddito di cittadinanza deve anche cercare lavoro e, quindi, l’Istat, secondo le regole, registra queste persone tra le forze di lavoro che determinano quindi un aumento tecnico del tasso di disoccupazione. Un altro effetto statistico si potrà avere anche come conseguenza di “quota 100”, perché, se noi abbiamo centinaia di migliaia di persone – non sappiamo quante siano – che vanno in pensione ed escono dal livello di occupazione, evidentemente il riassorbimento, sia nel settore pubblico che nel settore privato, di altre persone a sostituirli, qualunque sia la previsione riguardo il tasso di sostituzione, avrà dei tempi, e quindi bisogna considerare questo aspetto.
In questo DEF si mantiene sostanzialmente, in gran parte, la legislazione vigente in tema di finanza pubblica e quindi, l’IVA l’anno prossimo aumenterà, se la legge non verrà cambiata ma il nostro obiettivo è adottare misure atte a consentire di evitare l’aumento dell’IVA nella prossima legge di bilancio. Per quest’anno infatti l’abbiamo sterilizzata. Da ricordare anche che fu il Governo Letta nel 2013 ad aumentarla sopra il 20%.
Nota di approfondimento. Viste le polemiche di questi giorni, sulle previsioni di questo DEF per qualche zero virgola in più o in meno forse è bene ricordare un po di storia degli ultimi anni. Vediamo, ad esempio, il DEF del 2008, che prevedeva il PIL (Governo Berlusconi) a più 0,9 per cento per l’anno 2009: è andato a meno 5,2. Nel DEF 2009 era previsto più 0,5 ma è andato
a più 1,3. Nel DEF 2011 (Governo Monti) il PIL era previsto a più 1,3; invece, meno 2,4. L’anno dopo, il DEF 2012 prevedeva per il PIL del 2013 un più 0,5 e invece meno 1,9. Il DEF 2013 (Governo Letta) prevedeva, per il 2014, più 1,3; invece meno 0,4.
Se andiamo a vedere la disoccupazione con Monti, nel DEF 2011, per il 2012, disoccupazione prevista: 8,3; a consuntivo 10,7 per quell’anno. Nel 2012, disoccupazione per il 2013: 9,2 previsione; consuntivo 12,2. Pressione fiscale: nel 2015 si prevedeva per quest’anno una pressione fiscale del 43,7 per cento ma i dati ci dicono che quest’anno sia il 42,2 per cento, significa che noi stiamo facendo pagare agli italiani. Debito Pubblico: nel DEF 2015 il Debito/PIL previsto per il 2017, quindi due anni dopo, era a 127; a consuntivo 131,5 per cento, 70 miliardi in più di debito.