La pandemia di Covid-19 ha travolto il sistema economico globale generando un tracollo del PIL del 5%. All’economia europea è andata anche peggio con un -7%, per non parlare dell’Italia che ha visto un crollo dell’8% in un anno. I dati ci dicono (fonte ENEA), che nel 2020, i consumi di energia sono calati del 10% rispetto al 2019 e che, in termini di fonti, vedono una forte riduzione del petrolio (-18%) a causa del crollo della mobilità stradale e aerea, mentre i consumi di gas invece si sono attestati ad un -5,6% per una inferiore richiesta termoelettrica. In questo periodo la produzione da rinnovabile (2020) è cresciuta del 1%. Anche i prezzi dell’energia per questo periodo hanno visto forti riduzioni.
A fine 2021, la situazione si è drasticamente capovolta. Prima di vedere cosa è successo però, analizziamo il nostro “mix energetico” per la produzione di energia elettrica (dati 2020):
- 42,28% da gas naturale;
- 45,04% da fonti rinnovabili;
- 6,34% da carbone;
- 3,22% da nucleare;
- 2,64% altre fonti;
- 0,48% prodotti petroliferi.
Per decenni, il petrolio è stato il protagonista assoluto dei mercati dell’energia ma, nel corso del 2021 è passato quasi in secondo piano. Rispetto al 28 dicembre scorso, il prezzo del greggio è salito “soltanto” del 50%. Gli esperti sono concordi nel ritenere che i prezzi non scenderanno di molto l’anno prossimo: di fronte alle politiche sempre più restrittive a tutela dell’ambiente, le compagnie petrolifere dirotteranno parte degli investimenti su attività sulle rinnovabili e di conseguenza, ci saranno sempre meno risorse destinate alla ricerca e sviluppo di nuovi giacimenti.
Per il gas naturale, il 2021 è stata una corsa da record e senza freni. Sui mercati internazionali, il prezzo ha avuto una crescita del 650% da inizio anno. Il che costituisce un doppio problema: perché il gas sta sostituendo il carbone per la produzione di energia elettrica, e perché è stato individuato come combustibile che dovrà essere usato per accompagnare le rinnovabili verso la transizione energetica. Ecco perché le economie del mondo se lo contendono.
ll nostro Paese ad esempio è molto legato a Mosca per l’approvvigionamento di gas naturale, visto che ogni anno importiamo dall’ex-URSS mediamente il 40% del gas naturale che consumiamo. Ovviamente, importiamo gas naturale anche da altri paesi e un po’ lo estraiamo in casa (dati del MISE): Abbiamo l’Algeria che ci fornisce il 27,8%, l’Azerbaijan il 9,5%, la Libia il 4,2%, Norvegia e Olanda il 2,9%. In questo quadro c’è anche la produzione interna dell’Italia che fornisce il 4,4% e altre fonti come, ad esempio, il Gas Naturale Liquefatto il 13,1%.
Perché i prezzi diminuiscano occorre che ci sia una maggiore offerta: da un lato, con la fine dell’inverno i prezzi dovrebbero scendere naturalmente, perché verrà meno la quota usata per il riscaldamento. Inoltre, dovrebbe entrare in servizio il secondo ramo del Nord Stream, il gasdotto tra Russia e Germania che porterà altri 55 miliardi di metri cubi di gas in Europa. Sempre che le autorità tedesche diano il via libera al passaggio e non prosegua il braccio di ferro della Ue nei confronti del Cremlino per le tensioni al confine con l’Ucraina.
Su questa linea, però, la nostra sfida deve essere di aumentare il mix energetico puntando alle rinnovabili come centro avanti, ma nelle retrovie dobbiamo aver sempre pronte le riserve: non sempre quando vogliamo accendere la luce abbiamo sole o vento. Io personalmente, non disdegno nemmeno il valutare di avere mini-reattori nucleari: già esistono su molte navi da anni, mettiamoli anche nella terra ferma.