Dal 1° gennaio i sacchetti di plastica leggeri e ultraleggeri, utilizzati per frutta, verdura, carne, pesce, prodotti di gastronomia e panetteria saranno, infatti, sostituiti dagli shopper biodegradabili e compostabili e saranno a pagamento. Questi sacchetti avranno un contenuto minimo di materia prima rinnovabile non inferiore al 40% e la legge citata prevede che non possano essere distribuite a titolo gratuito. La norma non riguarda solo la grande distribuzione, ma anche i piccoli negozi, è escluso la vendita al mercato.
Con la legge 123/2017, conosciuta come Decreto Mezzogiorno, che recepisce le indicazione della Direttiva 720/2015, viene introdotta una norma, all’art. 226-bis sul divieto di commercializzazione delle borse di plastica. Ora nessuno vuole mettere in discussione il principio di riduzione della plastica ma temiamo che la norma così fatta non funzioni e sia solo un inutile balzello.
1) Che senso ha vietare al cliente di usare contenitori riutilizzabili? Se si devono per forza utilizzare dei sacchetti in pastiche, anche se biodegradabili, non si capisce in che modo ne derivi una riduzione ed essendo a pagamento ci sembra solo un’ulteriore balzello!
2) Chi ci garantisce poi che il sacchetto biodegradabile sarà effettivamente compostato?
Oggi con la mia amica Emma siamo andati ad intervistare alcuni supermercati di Perugia (Conad, PAM, Oasi, Todis e Coop) per sapere come stanno le cose. La prima cosa che si osserva è la comunicazione ai clienti: dal 1 gennaio 2018 tutti i sacchetti utilizzati nel reparto ortofrutta, gastronomia, macelleria, pescheria e panetteria devono essere in materiale biodegradabile […] e sono a pagamento! e che per motivi igienico sanitari non è consentito l’utilizzo di sacchetti diversi da quelli messi a disposizione.
Oltre le similitudini nell’informazione, sono presenti anche differenze tra i vari punti vendita. In primo luogo il prezzo: si va dai 2 centesimi ai 5. Se penso a me e mia moglie, che andiamo a fare la spesa 2 volte la settimana con un consumo di una decina di buste, alla fine dell’anno posso stimare un totale di circa 500 buste per un costo previsto per il 2018 variabile tra le 10 e le 25 euro. Qualche supermercato non usa sacchetti in plastica ma in carta per la carne, altri solo vassoietti per il comparto latticini, mentre per il pesce tutti usano i sacchetti in plastica.
Interessante poi è quello che può accadere al comparto ortofrutta. Ogni sacchetto ha un costo, quindi più prodotti prendi più spendi e la domanda che mi sono fatto è: non è che questo ci spingerà a comprare la quarta gamma? Anche qui qualche supermercato permette di etichettare anche il singolo pezzo e così facendo si eviterebbe di pagare la busta, altri invece permettono di etichettare singolarmente solo i frutti o le verdure con bucce non edibili (ananas, banane, arance) e qualcuno invece non permette di non usare buste.
Quello che è certo è che la norma pur volendo puntare a ridurre l’utilizzo della plastica va in contrasto con la nota del Ministero dell’Ambiente (n° 14624 del 17 ottobre 2017) che vieta l’utilizzo di sacchetti diversi da quelli messi a disposizione nei punti vendita.
Monitoreremo quello che accadrà nelle prossime settimane e cercheremo di far capire al Ministero dell’Ambiente che sarebbe utile poter permettere di utilizzare buste riutilizzabili.
Aggiornamento del 8 gennaio. Abbiamo monitorato la vicenda e i cittadini intervistati pur condividendo come noi l’importanza e la necessità di ridurre la plastica sollevano giusti dubbi che, oltre a quelli espressi sopra, se ne aggiunge un altro: l’uso di questi sacchetti per l’organico. Si, si possono usare ma oltre ad essere più piccoli di quelli tradizionalmente conosciuti (qualcuno ci dice che nel secchio non ci stanno) sono anche molto fragili e si rompono sempre e quindi la tesi – uso questi e non compro quelli per l’organico – non regge. Io non ho questo problema perché faccio compostaggio domestico.