La mozzarella di bufala campana DOP è un buon esempio non solo in quanto eccellenza dell’agroalimentare made in Italy ma anche per il sistema di tracciabilità previsto dal D.M. 9 settembre 2014 – Misure per la sicurezza alimentare e la produzione della Mozzarella di Bufala Campana – che coinvolge gli attori delle diverse fasi della filiera produttiva, dagli allevatori ai caseifici.
Il Decreto prevede l’istituzione di una piattaforma informatica gestita dal SIAN (MiPAAF), che consente agli allevatori bufalini di inserire i dati relativi alle quantità di latte prodotto ogni giorno specificandone la sua destinazione; ai trasportatori di inserire quelli sul latte movimentato (cioè i quantitativi provenienti da ciascuna azienda conferitrice e caseifici di destinazione), e ai caseifici di dichiarare il latte in entrata e i derivati prodotti.
L’efficacia di questo sistema di tracciabilità è rappresentato anche dall’incrocio dei vari dati. Ecco perché il MoVimento 5 stelle in una risoluzione del luglio 2014 propose di estendere a tutto il territorio nazionale il sistema, garantendone la gestione pubblica.
Tuttavia persino dietro un’eccellenza mondiale come la mozzarella di bufala campana DOP comporta delle difficoltà che investe soprattutto i piccoli produttori artigianali che fanno della distribuzione locale e vendita diretta il loro maggiore indice di fatturato. Per comprendere meglio questa realtà, che stò seguendo sia come Commissione Agricoltura che Contraffazione, il 30 maggio ho visitato nel Casertano alcuni stabilimenti di diverse dimensioni fuori e dentro il circuito del consorzio della DOP mozzarella di bufala campana. Infatti, numerosi titolari di piccoli caseifici sono stati costretti nell’ultimo anno ad uscire dal sistema DOP in quanto lo stesso decreto citato prevede di applicare una netta separazione delle linee produttive per garantire che all’interno della linea di produzione DOP ci sia solo latte di bufala, e non di vacca. Questa norma, che nasce con l’intento di evitare i fenomeni di contraffazione, per alcune realtà artigianali è inapplicabile perché, per sopravvivere, non possono permettersi di lavorare solo latte di bufala e non avendo risorse e spazi per installare una linea produttiva espressamente dedicata al latte vaccino sono costretti per il rispetto della norma, che prevede tra l’altro anche la chiusura dell’attività, di uscire volontariamente dalla filiera della DOP.
Ad oggi i produttori che hanno abbandonato il circuito Dop rappresentano circa il 10% e per non escluderne altri e far rientrare gli stessi occorrerebbe aggiornare la norma potenziando i controlli a valle della produzione. Oggi, infatti con pochi euro di analisi è infatti possibile verificare se una mozzarella di bufala campana è “contaminata” o meno dal latte di vacca. Dal sistema di tracciabilità del SIAN fino al potenziamento dei controlli a tutela dei piccoli produttori: ecco il promemoria del M5S da raccogliere nell’ambito della discussione della Relazione Contraffazione sulla Mozzarella di Bufala Campana DOP che riprenderà il prossimo 7 giugno.
“E importante questo interesse nei confronti delle attività produttive” ha dichiarato il Direttore del Consorzio Pier Maria Saccani, “La conoscenza delle diverse realtà consente un corretto approcci anche legato all’evoluzione normativa”.