Il convegno a tema La misura della sostenibilità ha distinto due mondi: l’agricoltura e “il resto del mondo“. Il settore agricolo è l’unico che, gestendo i beni naturali può anche avere effetti positivi sul bilancio ambientale mentre gli “altri settori” possono “solo fare danni” e quindi dobbiamo fare in modo che quest’ultimi siano il meno possibile. La sfida agricola della sostenibilità è obiettivo della nuova PAC, dove nel passato sono stati messi dei vincoli del tipo condizionalità e greening ma, il nuovo approccio sarà basato sul raggiungimento di obiettivi (ecoschema), tema però che affronterò in un futuro articolo.

Tornando al resto del mondo, negli ultimi anni si è giustamente acceso un dibattito sulle questioni ambientali e quindi ci si aspetta che i responsabili politici trovino soluzioni coerente per gli obiettivi dell’Agenda 2030. La misura della sostenibilità o dell’insostenibilità deve passare per forza da una misura di “impatto dell’attività antropica” sull’ambiente, misura o valutazione che a mio avviso deve partire da alcuni standard che già esistono e che certificano una specifica “gestione ambientale”. Ad oggi le principali norme di riferimento sono le normative ISO (International Standard Organization) 14000/1 e le certificazioni EMAS (Eco-Management and Audit Scheme).

ISO 14000 fornisce una base per la realizzazione di un “sistema di gestione ambientale (EMS)” che comprende la struttura dell’organizzazione, le attività di pianificazione, le responsabilità, le pratiche, le procedure, i processi e la risorse, volte ad attuare, realizzare, riesaminare e mantenere una politica ambientale. L’ISO 14001 ha invece l’obiettivo di creare un modello di riferimento che lo EMS deve soddisfare.

Il regolamento EMAS riguarda l’adesione volontaria delle industrie a un sistema comunitario di eco-gestione e si concentra sugli aspetti ambientali indiretti. Questi possono riguardare tutte le funzioni dell’azienda, da quelle strettamente connesse alla gestione dei prodotti (ricerca e sviluppo, pianificazione, imballaggio, trasporto, uso, riciclaggio, smaltimento) a quelle amministrative, finanziarie e commerciali, nonché i rapporti con appaltatori, subappaltatori e fornitori. Per avere questo riconoscimento si devono definire degli obiettivi (EMS) per poi pianificare i programmi ambientali che incorporano gli strumenti necessari per metterli in atto. La conformità al regolamento EMAS si traduce in una dichiarazione che promuove la comunicazione ambientale dell’azienda verso i suoi interlocutori. Ciò è rappresentato da un documento redatto dalla società, che deve essere reso pubblico e quindi composto in modo conciso e facilmente comprensibile. Al fine di garantire che i dati contenuti nella dichiarazione ambientale siano affidabili e che la dichiarazione includa tutte le questioni pertinenti, il regolamento EMAS richiede che venga esaminato e convalidato da un revisore qualificato. Quesa certificazione si basa sugli ISO 14000/1.

Tra i vari approcci che si stanno affermando a livello internazionale per misurare l’impatto delle attività produttive sull’ambiente, uno dei più diffusi è il metodo di valutazione del ciclo di vita (LCA). L’analisi, incorpora nel calcolo le emissioni e l’impatto delle materie prime utilizzate e di tutti i processi di post-produzione (distribuzione, vendita, uso, riciclaggio). Il metodo è formalizzato negli standard ISO 14040 e ISO 14044, che forniscono i riferimenti necessari per definire uno strumento operativo per quantificare l’impatto ambientale del sistema di produzione.

L’obiettivo dell’ISO 14064 è quello di definire uno standard per la contabilità dei Green House Gasses (GHG) in modo da aiutare l’impresa a pianificare, sviluppare, gestire e monitorare i sistemi per valutazione e riduzione delle emissioni di gas a effetto serra. Il regolamento ISO 14065 definisce i requisiti per chi certifica.

Il regolamento ISO 14067 ha lo scopo di definire i criteri per la valutazione della cosiddetta impronta di carbonio (CF) di un prodotto, che quantifica l’intera quantità di CO2 e di altri gas serra verdi (CH4, N2O, HFC) associati a beni o servizi durante il loro ciclo di vita. 

Al fine di trasmettere informazioni ambientali corrette sono stati definiti vari schemi di Ecolabelling. Abbiamo tre standard ISO 14024 (processo pre-verificato) come CE Eco-label, Nordic Swan e l’etichetta tedesca Blue Angel e l’ISO 14021 (auto-dichiarazioni di produttori e grossisti) come, ad esempio: “fatto con materiali riciclati” o “materiale vegetale al 100%”. Con l’ISO 14025 si include le forme di comunicazione ambientale che forniscono informazioni sull’impatto del ciclo di vita di un prodotto; il regolamento prevede che la valutazione deve essere effettuata utilizzando i criteri LCA (in conformità con LE ISO 14040 e 14044) e daranno come output un documento specifico chiamato Environmental Product Declaration (EPD).

Un metodo da citare è quello promosso da ADEME, l’agenzia francese per la gestione dell’ambiente e dell’energia che ha sviluppato uno strumento diagnostico ambientale chiamato Bilanc Carbone. Si tratta di un metodo per quantificare le emissioni di gas a effetto serra applicabili a qualsiasi tipo di organizzazione: industria o società terziaria, pubblica amministrazione, comunità o territorio. Il metodo di calcolo è compatibile con ISO 14064 e con le direttive 2003/87/CE.

Con l’obiettivo di ridurre l’impatto causato dalle attività umane sugli ecosistemi e sulle risorse naturali, nel febbraio 2001 la Commissione europea ha pubblicato il Libro verde sulla politica integrata dei prodotti (Commissione europea, 2001), in cui il ruolo sono state stabilite etichette ambientali e le dichiarazioni ambientali dei prodotti. Un marchio di qualità ecologico di un prodotto è la prova della sensibilità ambientale di chi lo produce e renderlo visibile al consumatore finale, che sta diventando sempre più consapevole delle questioni ambientali e di grande interesse per l’impresa. Per questo motivo sono stati definiti vari modelli che consentono di certificare le prestazioni ambientali dei prodotti.

Il programma PAS 2050 stabilisce i requisiti per valutare le emissioni di gas a effetto serra. L’obiettivo del programma PAS 2050 è quello di promuovere una comprensione completa delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dai processi produttivi, fornendo così una base comune per il confronto e la comunicazione dei risultati. A questo proposito, il regolamento PAS 2050 non impone alcun obbligo di divulgare i dati elaborati dal modello relativo alle emissioni di gas a effetto serra; tuttavia, ogni volta che un’impresa che utilizza il sistema decide di comunicare i risultati della valutazione effettuata dalle parti interessate – compresi i consumatori – il regolamento indica le informazioni che devono essere divulgate. In questo caso il riferimento è rappresentato dal regolamento ISO 14064 e ISO 14040. Le imprese che si dichiarano conformi al regolamento PAS 2050, non solo devono garantire che la valutazione delle emissioni di gas a effetto serra del ciclo di vita di un prodotto sia completa, ma devono anche essere in grado di dimostrare quali principi sono stati adottati considerazione al momento della valutazione.

La dichiarazione EPD (Environmental Product Declaration) è uno strumento che fornisce un’indicazione dell’impatto ambientale di beni e servizi comunicando alcuni parametri specifici. Si basa su un’analisi del ciclo di vita secondo le normative ISO 14040 e segue le modalità di comunicazione in conformità con ISO 14025. Ne consegue che questo schema valuta l’impatto di un prodotto dall’estrazione e dall’elaborazione delle materie prime durante tutto il processo di produzione, l’imballaggio e la consegna, l’uso, il riciclaggio e la manutenzione fino alla fine della sua vita utile.

Il sistema EPD è uno standard, con un’etichetta registrata (www.environdec.com), che negli ultimi dieci anni ha acquisito grande importanza in vari paesi come Finlandia, Italia, Giappone, Norvegia, Polonia e Svezia. Altre dichiarazioni simili sono il giapponese EcoLeaf di JEMAI (Japan Environmental Management Association for Industry), la Korean Environmental Declaration of Product di KELA (Korea Environmental Labeling Association) e il programma norvegese NHO.

Nel campo della certificazione ambientale ci sono una serie di iniziative private, che sempre più spesso, durante la fase di studio e sviluppo, sono approvate da accademici, scienziati e imprenditori. L’approvazione da parte di questi organismi dà a queste certificazioni il riconoscimento e la visibilità, che li hanno consolidati a livello internazionale. Tra questi, vi è il protocollo GHG, che stabilisce i requisiti e le linee guida per quantificare le emissioni associate a un prodotto specifico; questo standard è rivolto alle aziende che intendono analizzare in modo più dettagliato i flussi di GHG derivanti dalla produzione e quindi comunicare i risultati positivi di questa valutazione al fine di ottenere un vantaggio competitivo.

Ecolabel è un sistema volontario che incoraggia i produttori a commercializzare beni e servizi caratterizzati da un valore ambientale positivo. La sua forza è la facilità di identificazione da parte dei consumatori; si tratta infatti di un marchio europeo di qualità ecologica che identifica i prodotti rispettosi dell’ambiente e li caratterizza per il loro ridotto impatto in relazione ai concorrenti durante l’intero ciclo di vita. Il sistema del marchio Ecolabel fa parte della politica dell’UE in materia di consumo e produzione sostenibile il cui obiettivo è ridurre l’impatto negativo sulla produzione e sul consumo sulla salute, il clima, le risorse naturali e l’ambiente. La conferma delle prestazioni ambientali è stabilita mediante documentazione che dimostra lo sforzo e l’impegno dell’azienda per ridurre il carico ambientale relativo alla gestione del prodotto limitando l’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo, gestendo e differenziando i rifiuti in modo efficace, riducendo la quantità di energia e risorse sprecate e salvaguardando le biodiversità. L’etichetta EU Ecolabel copre un’ampia gamma di prodotti (elettrodomestici, lubrificanti, prodotti cartacei, tessili, prodotti per la casa, prodotti per la pulizia e per il giardino e servizi come l’alloggio turistico) ed è in rapido aumento di altrettanti i produttori sono venuti a conoscenza dei potenziali vantaggi competitivi di questa certificazione riconosciuta in tutta l’Unione europea e nella SEE (Norvegia, Islanda e Liechtenstein).

Visto l’interesse vi è stata una proliferazione di misure normative, basate principalmente su strategie di gestione e comunicazione, che hanno costretto le imprese a fornire informazioni ambientali sui loro prodotti, tema che commercialmente è divenuto sempre più rilevante. Le certificazioni sono uno strumento, non sarò quello giusto ma dietro la volontà di ottenerlo c’è l’obiettivo di salvare l’ambiente e, questo è sicuramente apprezzabile, ma anche di distinguersi dalla massa perché attraverso taluni “bollini” i consumatori si sentono “men9o in colpa” nell’acquisto. Certamente la certificazione ambientale può essere contemplata come uno degli strumenti che possono contribuire all’Agenda 2030 ma occorre da un lato scegliere una strada ben definita come Paese, aiutare le imprese nel percorso “verde” e dall’altro coinvolgere i consumatori.

Nota: per la scrittura dell’articolo ho utilizzato il lavoro pubblicato da Nicolò Passeri , Barbara Pancino, Silvio Franco

(https://www.researchgate.net/publication/265845291_Environmental_certification_as_landmark_for_green_business_a_general_overview_Corresponding_author)